Un rito antico come la pietra, vivo come la fiamma
Nel cuore di Burgio, là dove la pietra scolpisce la storia e l’eco dei secoli risuona tra le viuzze strette e le chiese barocche, San Vito Martire ritorna. Non come semplice figura d’altare, ma come protagonista di un rito che unisce devozione e spettacolo, sacro e profano, polvere da sparo e incenso.
Il 20 aprile 2025, questo piccolo scrigno della provincia di Agrigento, celebre per le sue ceramiche, per le sue madonne scolpite nel silenzio e per quella sapienza popolare che sa di zolfo e leggenda, si trasforma in un teatro a cielo aperto. La festa di San Vito non è solo una celebrazione religiosa: è un atto teatrale collettivo, un palinsesto di fuoco e fede, scritto ogni anno con la stessa passione, mai con la stessa calligrafia.
La processione che sfida il tempo
Alle ore 16:00, il simulacro di San Vito Martire viene sollevato come un vessillo, come un canto che cammina, tra ragazzi in festa e anziani con gli occhi lucidi. La rigattata — quell’andare ritmico, quasi danzato, tra le vie del paese — è una coreografia ancestrale, il corpo vivo di una comunità che si muove compatta, guidata dalla fede, dallo stupore, dalla memoria.
E poi i colpi a cannone, che già dalle 15:00 annunciano, rombando, che qualcosa di antico si risveglia. È il suono dei tamburi del Sud, dei racconti attorno al fuoco, delle notti lunghe che solo la Sicilia sa cantare.
Il cielo di Burgio come palcoscenico
Alle 17:00, il cielo trema: la bomba da tiro, curata dalla ditta Zio Piro by Vaccalluzzo, spezza l’aria con la forza di un canto primordiale. Ma è solo l’ouverture. Il vero inno, quello che fa alzare lo sguardo ai bambini e tacere i pensieri degli adulti, arriva quando le luci invadono la notte.
Alle 20:45, il saluto a San Luca Evangelista si trasforma in una sinfonia di scintille, un dialogo tra la terra e le stelle. E poi, nell’attesa, il respiro trattenuto, la piazza che si riempie di occhi e speranze. Fino a l’1:15, quando esplode il grandioso spettacolo pirotecnico finale, apice di un giorno sospeso tra il sogno e la memoria.
Burgio: dove la festa diventa identità
Non è solo una festa. È la festa. Quella che ti resta negli occhi, che ti profuma le mani di cera e di mandorla tostata, che ti fa venire voglia di appartenere a qualcosa. Burgio, per un giorno, è l’ombelico della Sicilia sacra, la custode di un rito che non si limita a sopravvivere, ma si rinnova, brilla, grida, esplode.
E se volete davvero sentire il battito del paese, il comitato consiglia via Nazionale: lì, il cielo è più ampio e lo spettacolo più grande.