Noto: capitale del barocco e del fiore
C’è una strada che, ogni anno a maggio, smette d’essere pietra e diventa poema. È Via Nicolaci, 122 metri d’incanto nella città di Noto, quel salotto di pietra gialla che si affaccia sul Mediterraneo e guarda, con occhi greci e cuore spagnolo, all’eternità. Tra balconi che sembrano palcoscenici del Settecento e la facciata austera della Chiesa di Montevergini, si compie il miracolo laico e profano dell’Infiorata di Noto 2025, dal 16 al 20 maggio, giunta alla 46ª edizione.
Tema di quest’anno: “La Pace si fa Arte”, inno floreale in un tempo che ha urgente bisogno di bellezza e armonia. Un gesto, quello degli infioratori, che sa di resistenza poetica, di diplomazia vegetale, di cultura che si oppone al rumore della guerra.
L’arte effimera che resiste al tempo
Nel cuore della Primavera Barocca, l’Infiorata è l’apice di una stagione fatta di eventi, cortei, banditori e tamburi: uno sfarzo d’altri tempi che prende vita nella pietra di Noto, la “giacitura dorata” come la chiamerebbe Bufalino, dove i balconi di Palazzo Nicolaci sembrano ridere nel vento con le loro maschere grottesche.
Dal 1980, quando gli infioratori di Genzano e Noto si strinsero la mano, nacque un sodalizio artistico che da allora si rinnova ogni anno con la stessa passione, la stessa cura certosina. Una tecnica che è pittura senza pennello, scultura senza scalpello: i petali diventano pigmento, le mani diventano tela.
E così, la notte prima del grande giorno, la città veglia. Gli artisti, come monaci di un ordine silenzioso, tracciano sagome e bozzetti sul lastricato della via. Si muovono nel buio come in una liturgia, coprendo i 700 metri quadrati di superficie con 16 quadri floreali. La strada diventa tela, il respiro si fa colore. L’alba la rivela, magnifica e fragile come una visione: è la Noto infiorata, ed è subito meraviglia.
Il rito collettivo della bellezza
Chi arriva a Noto nei giorni dell’Infiorata si trova al centro di un’opera viva, dove tutto è spettacolo e preghiera, profumo e folla. Dai cortili ai chiostri, ogni angolo si accende di creatività e memoria. I temi spaziano dal sacro al mitologico, dalla cultura popolare alla denuncia civile, in una sinfonia di petali che non chiede altro che essere guardata. E ogni sguardo è un’offerta.
Al calar del sole, il tappeto di fiori non smette di raccontare: mostre, concerti, degustazioni, musei aperti, chiese illuminate. Noto diventa salotto, teatro, sogno ad occhi aperti. Una città che si dona con generosità, e che nella sua effimera infiorata afferma una verità duratura: l’arte, anche se svanisce, resta. Come la pace, che non è mai solo assenza di guerra, ma fioritura della coscienza.