Un’ultima elegia tra vita e morte
Catania, Sala Futura, 29 maggio – 1 giugno 2025. Dopo aver aperto le danze con Sogno di un valzer sotto la guida di Cinzia Maccagnano e aver cesellato la commedia amara di Don Giovanni involontario con la regia di Angelo Tosto, il Teatro Stabile di Catania cala il sipario sulla sua trilogia dedicata a Vitaliano Brancati con un atto finale degno del suo autore: In cerca di un sì.
A firmare la regia, l’adattamento e la riduzione è Nicola Alberto Orofino, che porta sulla scena un racconto pervaso da quella sottile disperazione travestita da ironia, che solo gli scrittori siciliani sembrano saper maneggiare con grazia e ferocia insieme.
Brancati, l’aldilà e l’illusione della redenzione
La novella – perché tale resta, anche in questa trasposizione teatrale che ne conserva l’ossatura e il respiro – narra la storia di Riccardo, morto giovane in un incidente stradale, che approda in un aldilà che più che mistico si fa ufficio ministeriale dell’eternità. Qui, un Gran Segretario e un Angelo Usciere – interpretati da Giovanni Arezzo e Alberto Abbadessa – si muovono come impiegati del metafisico, e ricordano più Vladimiro ed Estragone che i guardiani delle sfere celesti.
Il morto, tuttavia, non è pronto ad arrendersi alla definitiva quiete. Per tornare tra i vivi, dovrà ottenere un sì, un’approvazione scritta su un rotolo celeste da almeno uno degli amici rimasti sulla Terra. Ma ciò che Riccardo scoprirà, in una parabola tanto tragica quanto farsesca, è l’impossibilità del perdono, la rarefazione dell’affetto e la glaciale verità dei rapporti umani.
Orofino: “Il rispetto della novella come forma estetica”
Nicola Alberto Orofino, nelle sue note di regia, non indulge in compromessi:
“In cerca di un sì è una novella, genere letterario che, in questa operazione tutta teatrale, abbiamo deciso di non occultare affatto, o peggio ancora, di trasformare in commedia. Il rispetto del genere novella è condizione essenziale e imprescindibile per la costruzione performativa della storia, e diventa curiosamente una necessità non solo drammaturgica, ma anche estetica. Asciutta, sfilacciata e dolente, la scrittura di Brancati è perfetta per raffigurare il ruolo dell’escluso: poche pennellate che conferiscono al racconto un ritmo indiavolato, e un fare sempre fortemente ironico perfetti per una narrazione sul palco”.
Il risultato è un’anti-fiaba che sa di Beckett e Pirandello, ma con l’anima affilata dell’autore di Paolo il caldo. Una riflessione lucida e vertiginosa sulla morte, sull’illusione della memoria, sulla verità che si disgrega in un mondo dove i “sì” sono più rari dell’amore stesso.
Gli interpreti e la magia della Sala Futura
In scena, insieme ad Arezzo e Abbadessa, anche Franco Mirabella e Daniele Bruno, nei panni rispettivamente di Vitaliano e di Riccardo. A firmare scene e costumi è Vincenzo La Mendola, mentre le luci di Gaetano La Mela e le musiche di Max Cooper completano l’architettura emotiva dello spettacolo. La direzione si conferma essenziale, asciutta, come le verità che faticano a prendere corpo.
La pièce, della durata di un’ora e un quarto, sarà in scena dal 29 maggio al 1 giugno alla Sala Futura di Catania, luogo ormai consacrato all’esplorazione del contemporaneo e alla rilettura dei classici con occhi nuovi.
Il costo del biglietto è di 12 euro intero, 10 euro ridotto. Ma il prezzo, va detto, non è che un dettaglio. Il vero valore è nella riscoperta di un Brancati insolito, nudo, capace di parlare – ancora e sempre – della nostra disillusione.